Per incoraggiarne l’uso bisogna eviden- ziare con chiarezza la sua validità e cre- are un vantaggio per ogni partecipante. Come del resto per tutte le innovazioni tecnologiche: deve poggiare su un largo consenso e coinvolgere tutti. Cosa fa la politica per accelerare l’intro- duzione delle cartelle informatizzate?
Nell’ultima sessione parlamentare ab- biamo approvato un credito volto a in- centivare l’apertura di un numero mag- giore di cartelle informatizzate dei pa- zienti. Per ogni cartella aperta la Con- federazione e il Cantone versano un contributo quale incentivo per ridurre gli ostacoli dell’investimento iniziale. La soluzione odierna, però, ancora non con- vince. Lo ha ammesso anche il Consiglio federale, che ne ha proposto la revisione.
Con Femtech si batte in particolare a fa- vore dei bisogni delle donne nel sistema sanitario. Cosa significa esattamente?
Le esigenze delle donne nel settore dell’assistenza sanitaria sono diverse da quelle degli uomini. Una realtà finora presa troppo poco in considerazione, per esempio nella diagnostica. Per la stessa identica malattia, le donne possono in- fatti manifestare sintomi completamente diversi dagli uomini, p. es. in caso d’in- farto cardiaco. Ne consegue che il qua- dro clinico di una donna rischia di non essere subito individuato.
Il problema ha origine già durante la formazione medica?
Sì, durante il tirocinio non vengono prese abbastanza in considerazione le differenze in medicina tra i sessi. Un aspetto che è stato riconosciuto p. es. con la creazione a Zurigo di una catte- dra di medicina di genere, un’iniziativa molto positiva. Ma non solo durante il tirocinio, anche nella ricerca viene po- sta ancora poca attenzione al fatto che, p. es., i medicamenti di nuova genera- zione hanno un effetto diverso da uomo a donna.
Su quali altre aree è necessario concen- trarsi?
Sulla promozione dell’innovazione e della ricerca e, nello specifico, sul so- stegno di progetti fatti da donne per le donne. L’intenzione è quella di tenere in debita considerazione questa metà della popolazione.
Da oltre un anno è presidente di H+, l’as- sociazione di punta nazionale degli ospe- dali, delle cliniche e degli istituti di cura pubblici e privati svizzeri. In un’intervista con NZZ ha affermato che gli ospedali, gli istituti della sanità e il PLR hanno tutti lo stesso obiettivo, ovvero ridurre i costi. Naturalmente senza compromettere la qualità. A che punto siete con l’attua- zione di questo obiettivo?
Sarebbe una grossa pretesa pensare di poter realizzare questo obiettivo in tempi così rapidi. Però ci stiamo muo- vendo nella direzione giusta. In più gli ospedali devono soddisfare la richie- sta di un’assistenza sanitaria sovrare- gionale più ampia. Vanno considerate le reti di assistenza già presenti. I no- socomi stanno iniziando a sperimen- tare anche nuovi modelli, come Hospi- tal at Home, un passo in avanti rispetto alla tradizionale assistenza a domicilio. I pazienti proseguono cioè la terapia in casa dopo essere stati sottoposti a una cura che normalmente richiede il rico- vero in ospedale. In questo settore la Svizzera è in ritardo rispetto agli altri Paesi. Il settore ospedaliero ha ricono- sciuto che sono necessarie nuove strade per il futuro.
Le novità di solito costano. La politica sarà disposta a dare una mano agli isti- tuti sanitari? Offre degli incentivi per tentare nuove strade?
Per me una cosa è chiara: gli ospedali che lavorano in modo efficiente e of- frono servizi nella qualità richiesta de- vono essere finanziati in modo ade- guato. Purtroppo al momento non è così – un problema che si manifesta con le difficoltà economiche in cui molti at- tualmente versano. Le tariffe applicate oggi non coprono i costi – una situa- zione che deve cambiare. Ed è neces- saria una nuova struttura tariffaria, al- trimenti assisteremo a uno sviluppo ar- bitrario della scena ospedaliera. Alcuni ospedali vengono sovvenzionati e altri no. Sarebbe invece opportuno uno svi- luppo in base al fabbisogno, alla qualità e all’efficienza.