Questo obiettivo è realistico?
Secondo la Confederazione, le emissioni di CO2 generate dai trasporti, dal riscaldamento e dal raffreddamento degli edifici e dall'industria possono essere ridotte fino al 95% utilizzando le tecnologie esistenti e le energie rinnovabili. Sarà inoltre possibile diminuire l'uso di altri gas serra, in particolare in agricoltura. Le emissioni rimanenti saranno compensate dai pozzi naturali di CO2, come le foreste e i terreni, nonché da tecnologie in grado di rimuovere i gas serra dall'atmosfera o di catturarli direttamente dove vengono prodotti, ad esempio negli impianti di incenerimento, per poi stoccarli a lungo termine.
«In ogni caso, questa transizione avverrà, che ci piaccia o no. Il petrolio prima o poi finirà e l'Europa non avrà altra scelta che affidarsi alle energie rinnovabili», afferma l'ingegnere Marc Muller, esperto indipendente specializzato nella transizione energetica.
Basandosi sul principio che il costo dell'inazione è molto più alto del costo dell'azione, il mondo politico si unirà e lavorerà rapidamente per trovare soluzioni, nonostante la lentezza del processo democratico in Svizzera, ritiene Muller. «La Svizzera ha già dimostrato più volte in passato di saper agire rapidamente quando è sotto pressione», afferma. Questo sarà un fattore decisivo per il successo della transizione. «Prima riprenderemo il controllo della nostra produzione energetica, meno probabilità avremo di subire le conseguenze potenzialmente devastanti della scarsità di energia su scala globale», sottolinea Muller.
Saremo in grado di garantire la sicurezza del nostro approvvigionamento energetico?
Sì, secondo due studi resi pubblici poco prima del voto. Il primo, pubblicato il 24 maggio dagli esperti e dalle esperte del Centro per le scienze energetiche del Politecnico federale di Zurigo (ETHZ), conclude che è possibile raggiungere questo obiettivo sia dal punto di vista tecnico che da quello economico. La strada da seguire è quella dell'elettrificazione dei trasporti e del riscaldamento, che ridurrà la domanda complessiva di energia.
Queste trasformazioni energetiche faranno certamente aumentare la domanda di elettricità, che passerà dagli attuali 60 terawattora (TWh) a 80-100 TWh nel 2050. Ma tale domanda può essere soddisfatta aumentando la quantità di energia rinnovabile prodotta in Svizzera e scambiando elettricità con i Paesi vicini, secondo i ricercatori e le ricercatrici dell’ETHZ.
Il secondo studio, pubblicato il 30 maggio da un gruppo di ricerca del Politecnico federale di Losanna (EPFL) e dell’Università di scienze applicate e arti della Svizzera occidentale (HES-SO), fa un ulteriore passo avanti, stimando che la Svizzera potrebbe raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 senza dover importare elettricità. La chiave sta nella produzione massiccia di elettricità fotovoltaica in estate e nel suo parziale stoccaggio nelle dighe per l'utilizzo in inverno.
In questo scenario, circa il 60% dei tetti del Paese dovrebbe essere coperto da pannelli solari. Anche la produzione di energia eolica dovrebbe aumentare inverno. Oltre a essere meno inquinante, questo futuro sistema energetico sarà meno costoso, secondo i ricercatori e le ricercatrici. Non ci sarà più bisogno di mettere mano al portafoglio per importare petrolio, gas o elettricità, con un risparmio del 30% circa a lungo termine.
Le persone dovranno cambiare le loro abitudini per raggiungere questo obiettivo?
Senza dubbio. «Non viene sempre evidenziato nei rapporti, ma non possiamo raggiungere questi obiettivi senza rigorose misure di sobrietà», sottolinea Marc Muller. Ad esempio, attualmente non esiste un'alternativa valida alla decarbonizzazione del settore dell'aviazione. «Per far volare tutti gli aerei in modo pulito sarebbe necessario il 30% dell'elettricità prodotta a livello mondiale. Una cifra indecente, se si considera che solo l'1% della popolazione mondiale utilizza regolarmente questo mezzo di trasporto», afferma Marc Muller.
Secondo l'esperto, dobbiamo anche riportare in patria parte della nostra produzione industriale e ridurre drasticamente le importazioni dall'Asia e da altri Paesi. Altrimenti corriamo il rischio di far pagare ad altri Paesi il costo di questa transizione. «Ma non ci piace dirlo in un Paese che ha costruito la sua prosperità sul libero scambio e sull'apertura dei mercati» , dice Marc Muller.
Si tratterà anche di convincere la significativa minoranza di persone che domenica ha votato «no» . «Finora abbiamo reso l'ecologia il più indesiderabile possibile», afferma Marc Muller. L'esperto sostiene la necessità di ridurre gli standard e i vincoli per rendere più piacevole l'accesso a uno stile di vita a basse emissioni di carbonio. «Ad esempio, per cambiare il riscaldamento bisogna compilare molti moduli, mentre si può volare 50 volte all'anno senza alcun ostacolo. Questa situazione deve cambiare», aggiunge l'esperto.
Anche altri Paesi si stanno muovendo verso la neutralità carbonica?
Secondo la piattaforma Net Zero Tracker, 148 dei 198 Stati membri delle Nazioni Unite hanno annunciato di ambire alla neutralità climatica. Insieme, rappresentano l'88% delle emissioni globali e l'85% della popolazione del pianeta. La maggior parte di essi intende raggiungere questo obiettivo entro il 2050. Ma alcuni Paesi sono più ambiziosi, come la Finlandia (2035) e la Germania (2045). La Cina e la Russia, due dei maggiori emettitori mondiali, puntano al 2060.