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In futuro, l'UE richiederà speciali dichiarazioni di due diligence per l'importazione di prodotti come il cacao o il caffè. Foto: Pixabay

Economia Contenuto partner: Kellerhals Carrard

Che normative devono rispettare le PMI?

Lavoro minorile, minerali prelevati in aree di conflitto, reporting climatico: le leggi in materia di sostenibilità sono sempre di più. E mettono a dura prova anche le PMI. Per questo conviene avvalersi del supporto di esperti esterni.

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L’inosservanza delle norme sulla sostenibilità può avere conseguenze diverse. Se in Svizzera una società soggetta all’obbligo di reporting viene meno a tale adempimento o pubblica un rapporto errato, il suo consiglio di amministrazione può essere sanzionato con una multa fino a 100 000 franchi. La legge europea sulle catene di approvvigionamento (CSDDD), approvata a maggio, prevede multe addirittura pari al 5% del fatturato globale di un’impresa.

Non sono escluse anche azioni legali in materia di diritto civile. L’azione legale per il clima nei confronti di Holcim ne è un esempio. Finora le normative sulla sostenibilità si sono concentrate principalmente sulle grandi imprese. Tuttavia in quanto fornitori, queste norme colpiscono sempre più anche le PMI. Di fatti, per adempire i loro obblighi, sempre più clienti richiedono informazioni e garanzie dai loro fornitori. Chi non riesce a fornirle, a causa della mancata tempestiva tutela della propria catena di approvvigionamento, si espone al rischio di perdite di fatturato.

Il produttore di cioccolato Maestrani, una PMI di 150 dipendenti, si occupa da tempo della propria catena di approvvigionamento. Nel 1987, ha prodotto il primo cioccolato bio in Europa. Dal 2016 lavora solo fave di cacao certificate. Oggi il 100% delle fave di cacao dei propri marchi ha persino un’etichetta Fairtrade Max Havelaar e/o bio. Inoltre, Maestrani conduce annualmente un’analisi dei fornitori in cui verifica in particolare l’osservanza del Childern’s Right Index. L’azienda ha poi approntato una procedura utilizzabile per segnalare un sospetto di violazione dei diritti umani. In aggiunta, Maestrani pubblica un rapporto sulle misure per garantire il rispetto dei diritti umani, obbligo introdotto quest’anno per le aziende svizzere i cui fornitori presentano un alto rischio di lavoro minorile. Maestrani sarà inoltre interessata dal regolamento UE sulla deforestazione, la cui entrata in vigore la Commissione europea intende posticipare di 12 mesi al 2026. In base a tale regolamento, prodotti come caffè e cioccolato potranno essere importati nell’UE solo con una dichiarazione di diligenza particolare.

Attualmente sono poche le normative sulla sostenibilità applicabili direttamente alle PMI svizzere. Obblighi di diligenza sono imposti alle PMI che, importando in Svizzera minerali o metalli provenienti da aree di conflitto o lavorandoli sul territorio nazionale, superano le quantità minime legali. Inoltre, le aziende sottoposte alla revisione ordinaria devono almeno condurre una valutazione del rischio in relazione al lavoro minorile. Secondo una stima commissionata dalla Confederazione, le norme relative ai minerali provenienti da zone di conflitto o associati al lavoro minorile interessano fino a 1 200 imprese.

Le aziende produttrici di materie prime che superano una certa dimensione sono tenute a pubblicare un rapporto sui pagamenti effettuati ad enti pubblici. Tuttavia, la legislazione va oltre. Con la legge sulla catena di approvvigionamento, l’UE ha approvato a luglio un pacchetto di norme volte ad ampliare la tutela dei diritti umani e dell’ambiente. Nei prossimi anni la legge sulla catena di approvvigionamento sarà implementata progressivamente dagli Stati membri dell’UE e, a partire dall’esercizio 2028, diventerà vincolante anche per le prime imprese svizzere. Inoltre, a partire dell’esercizio 2029, le misure diventeranno obbligatorie per tutte le imprese nell’UE con un fatturato superiore a 450 milioni di euro.

«La legge europea sulla catena di fornitura prevede multe addirittura pari al 5% del fatturato globale di un’impresa.»

A giugno, il Consiglio federale ha avviato in consultazione una proposta per l’inasprimento delle norme svizzere in materia di sostenibilità. L’Esecutivo propone in particolare che anche le PMI con almeno 250 posti di lavoro a tempo pieno, un bilancio di 25 milioni di franchi e/o una cifra d’affari di 50 milioni di franchi siano obbligate a redigere un rapporto di sostenibilità. Questa misura, già adottata quest’anno per la prima volta dalle imprese quotate, rispecchia le soglie stabilite delle direttive UE sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (CSRD). Il numero di aziende interessate sarà più ampio rispetto a quanto previsto dalla legge europea sulla catena di approvvigionamento, che esclude le imprese con non più di 1 000 dipendenti e un fatturato superiore a 450 milioni di euro.

Sebbene molti aspetti siano ancora in fase di sviluppo, le PMI orientate all’esportazione, in particolare, non potranno fare a meno di confrontarsi con le normative sulla sostenibilità, rappresentando una sfida per molte di esse. Un primo passo sarà farsi un’idea chiara delle normative applicabili a loro e ai loro principali clienti. Un secondo passo sarebbe condurre un’analisi dei rischi interna, per poi, in una terza fase, implementare eventuali misure concrete. Data la complessità del tema, ciò potrebbe richiedere tempo e il coinvolgimento di consulenti esterni.

Dichiarazione: Questo contenuto è stato creato da Kellerhals Carrard nell'ambito della partnership con Sustainable Switzerland.

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