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 I lombrichi producono humus e favoriscono il sequestro del carbonio nel suolo.

Foto: Paul Mocan

Clima ed energia

"Coltivare" il carbonio fa bene al suolo e al clima

Il suolo è un alleato fondamentale nella riduzione dei gas serra nell'atmosfera. Un progetto pilota in Svizzera getta nuova luce sul potenziale di sequestro del carbonio nei terreni agricoli, anche se rimangono molti interrogativi.

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"Coltivare" il carbonio fa bene al suolo e al clima

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Christian Streit si prende cura non solo dei suoi animali e delle sue coltivazioni, ma anche del suolo sotto di loro. Riduce al minimo la lavorazione del terreno e semina su superfici non arate. Lascia che siano i lombrichi ad aerare il suolo. L'agricoltore alterna più colture diverse – soprattutto grano, mais, colza e soia – sullo stesso appezzamento e mantiene costantemente una copertura vegetale sui campi.

Sono i principi dell'agricoltura conservativa, una produzione agricola sostenibile dove il suolo è protetto dall'erosione e dal degrado. "Dobbiamo prenderci cura dei suoli, anche perché sono gli strumenti di lavoro che ci permettono di sfamare la gente", dice il contadino di Aubonne, nel Canton Vaud.

I suoli sono anche il principale serbatoio di carbonioLink esterno dopo gli oceani: si stima che la quantità di carbonio nel suolo, cioè nello strato superiore della crosta terrestre formato da componenti minerali, humus, acqua e organismi viventi, sia tre volte quella nell'atmosfera.

Il carbonio penetra nel suolo attraverso la fotosintesi delle piante e la decomposizione del materiale vegetale e animale. Una parte del carbonio viene trasforma in materia organica (humus) e rimane nel terreno, una parte ritorna nell'atmosfera in seguito all'azione dei microorganismi.

È un equilibrio dinamico influenzato da vari fattori, tra cui le condizioni climatiche, la composizione del suolo, la sua struttura e il modo in cui viene lavorato. Un'attenta gestione dei suoli agricoli consente di assorbire e immagazzinare il carbonio in modo duraturo e questo contribuisce a ridurre la quantità di CO2 nell'atmosfera.

La Svizzera, come altri Paesi, include i suoli nella strategia per compensare le emissioni e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, un tema su cui il popolo elvetico è chiamato a esprimersi il prossimo 18 giugno.

Ma c'è un problema. L'agricoltura intensiva e il degrado che caratterizza quasi tutte le superfici coltivate del pianeta riducono la capacità del suolo di sequestrare il carbonio. Qual è il potenziale dei suoli agricoli nella mitigazione del cambiamento climatico?

Christian Streit ha partecipato a un progetto unico nel suo genere per cercare la risposta a questa domanda.

Quanto carbonio c'è nel suolo?

Nei terreni dell'agricoltore svizzero sono immagazzinate 14'037 tonnellate di CO2 equivalenti. La cifra corrisponde all'incirca alle emissioni complessive generate da mille persone in Svizzera. Grazie a questo stock di carbonio, l'agricoltore compensa circa un quarto dei gas serra che emette. La maggior parte delle emissioni è dovuta al metano prodotto durante la digestione dei suoi bovini.

Il calcolo è stato fatto da Prométerre, l'associazione per la promozione delle professioni agricole nel Canton Vaud. Nel quadro di un progetto pilota che ha coinvolto 18 delle circa 3'500 aziende agricola del Cantone, il personale di Prométerre ha prelevato campioni di terreno su tutti gli appezzamenti, per un totale di 600 parcelle. La metodologia ha tenuto conto non solo della profondità, ma pure della densità e della massa del suolo. Secondo l'associazione, si tratta probabilmente della prima volta al mondo che viene eseguita un'analisi così dettagliata a livello di un'intera azienda agricola.

"Le fattorie considerate generano poche emissioni nel raffronto internazionale e immagazzinano importanti quantità di carbonio", afferma Aude Jarabo, ingegnera agronoma ed esperta di clima presso Prométerre.

Il buon risultato ottenuto da Christian Streit non è casuale. Sui suoi campi c'è un apporto costante di materia organica da decenni. L'agricoltore sparge letame e scarti vegetali e al termine del raccolto lascia i residui vegetali sui campi. Durante l'inverno, quando i terreni sono incolti, fa crescere delle cosiddette colture di copertura, ad esempio il trifoglio. Si tratta di coltivazioni non finalizzate alla vendita il cui scopo è arricchire il terreno con sostanze nutritive e ridurre l'erosione causata da acqua e vento.

"È una tradizione di famiglia. Mio padre è stato un pioniere nella gestione sostenibile del suolo", dice il contadino di 46 anni.

Compensare i gas serra con l'humus

Diverse azioni a livello mondiale intendono ricostituire lo stock di materia organica, e quindi di carbonio, dei suoli, andato perso a causa delle pratiche di agricoltura intensiva. Questo contribuisce alla riduzione dei gas serra presenti nell'atmosfera.

L'iniziativa internazionale "4 per mille", lanciata nel 2015 a Parigi in occasione della conferenza ONU sul cambiamento climatico, parte dal presupposto che un incremento annuale dello 0,4% del contenuto di humus nei suoli agricoli può compensare le emissioni causate dalle attività umane.

Raggiungere questo obiettivo in Svizzera non sarebbe affatto difficile in quanto le pratiche agricole appropriate sono note, afferma Pascal Boivin, professore alla Scuola universitaria del paesaggio, d'ingegneria e di architettura di Ginevra (Hepia), la quale ha messo a punto la metodologia usata da Prométerre. "La domanda è come coinvolgere un massimo di agricoltori e agricoltrici nel mondo affinché optino per metodi più virtuosi", sottolinea Boivin, che è anche presidente della European Confederation of Soil Science Societies.

Tra le soluzioni per aumentare il contenuto di materia organica c'è l'agricoltura conservativa, quella praticata anche da Christian Streit. Nel mondo, è però applicata solo sul 15% delle terre coltivabili.

Mercato dei crediti di carbonio

Claudio Zaccone, docente di chimica agraria all'Università di Verona e membro dell'International Union of Soil Sciences, rileva che, a livello globale, nel mondo contadino non sempre c'è una reale consapevolezza della quantità di carbonio presente nei suoli coltivabili e della sua importanza per la qualità del terreno. Non è però solo una questione di sensibilizzazione.

L'agricoltore che adotta delle pratiche di sequestro del carbonio deve sostenere dei costi supplementari, spesso senza però avere un beneficio immediato in termini di produttività, puntualizza Zaccone. Christian Streit, ad esempio, deve assumere più manodopera se intende limitare l'impiego del trattore e di altri veicoli agricoli, che hanno lo svantaggio di compattare il suolo.

"Nel caso in cui fosse la politica a chiedere loro di agire in questo modo, agricoltori e agricoltrici dovrebbero poter beneficiare di sussidi, perlomeno in una fase iniziale", afferma Zaccone.

Un'altra opzione è il mercato volontario dei crediti di carbonio, un'idea che sta prendendo sempre più piede negli Stati Uniti e in Europa, Svizzera inclusa. Grazie al cosiddetto carbon farming, un agricoltore o un'agricoltrice può far certificare la quantità di carbonio che sequestra nel terreno e vendere i relativi crediti a chi desidera compensare le proprie emissioni, ad esempio un'azienda o un individuo.

Questa è una possibilità allettante per il mondo agricolo. Le terre coltivate nel mondo potrebbero sequestrare oltre un miliardo di tonnellate di CO2 equivalenti all'anno, secondo alcune stime. Considerando un minimo di 20 dollari per tonnellata sequestrata, si arriva a un fatturato di circa 20 miliardi di dollari l'anno.

Questa la teoria. La pratica, però, è diversa.

Sequestro di carbonio nel suolo, un metodo imperfetto

Il calcolo della quantità esatta di carbonio sequestrabile dal terreno può essere complicato, anche perché questa dipende dalle caratteristiche del suolo, che variano da una regione e persino da un appezzamento di terreno all'altra. Una metodologia di analisi dettagliata come quella applicata da Prométerre in Svizzera potrebbe contribuire a una maggiore precisione.

Nulla però garantisce che il carbonio rimarrà nel terreno sufficientemente a lungo per contrastare il riscaldamento globale.

Alcuni studi recenti contraddicono l'idea secondo cui le molecole di carbonio possono rimanere nel terreno per centinaia o migliaia di anni. Chi gestisce i terreni potrebbe inoltre decidere di ritornare a un'agricoltura intensiva. Anche delle forti precipitazioni o una siccità estrema potrebbero liberare il carbonio immagazzinato nel suolo e vanificare gli sforzi di sequestro.

Ci sono poi prove sempre più evidenti che alcune pratiche, come l'agricoltura senza aratura, potrebbero permettere di accumulare meno carbonio di ciò che si immagina. E a ogni modo, c'è un limite al tenore di carbonio nel suolo e, secondo alcune stime, questa soglia di saturazione potrebbe essere raggiunta fra qualche decennio.

Un'eredità per il futuro

Nonostante le incertezze, Christian Streit continuerà a prendersi cura dei suoi suoli. Anche perché un terreno ricco di carbonio è più fertile, ha una maggiore capacità di ritenere l'acqua e favorisce la biodiversità, spiega.

In futuro, il contadino vuole ridurre ulteriormente l'azione meccanica in superficie e aumentare l'apporto di materia organica. L'intenzione è di ripetere la misura del carbonio tra alcuni anni, per valutare quali pratiche agricole hanno avuto un effetto positivo. I costi di questa seconda analisi saranno però a suo carico.

Streit si augura che il suo impegno a favore del suolo e del clima abbia anche delle ricadute economiche. Una certificazione, analoga a quella che esiste oggi per il biologico, potrebbe ad esempio permettergli di vendere i suoi prodotti a un prezzo più alto.

E se non sarà così, pazienza. Portare avanti la tradizione di famiglia è la cosa che conta di più. "Lo faccio per i miei figli", dice Streit. "Vorrei che si ritrovino con dei terreni altrettanto fertili di quelli che mi ha lasciato mio padre".

Luigi Jorio, «SWI swissinfo.ch» (10.04.2022)

Qui, Sustainable Switzerland pubblica contenuti curati da SWI swissinfo.ch.

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