Proibire o convincere?
Chi porta avanti in tutta fretta una politica climatica per decreto suscita solo la contrarietà di chi la subisce. Funziona di più un mix ben congegnato di incentivi, misure e valide argomentazioni.
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Habeck e la legge sul riscaldamento: il ministro dell’economia tedesco dei Verdi ha reso un pessimo servizio alla politica climatica. Foto: Keystone
Chi porta avanti in tutta fretta una politica climatica per decreto suscita solo la contrarietà di chi la subisce. Funziona di più un mix ben congegnato di incentivi, misure e valide argomentazioni.
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4 Min. • • Felix E. Müller, Sustainable Switzerland Editorial Team
Ai Verdi tedeschi è bastato poco per passare dall’apice del successo a una valle di lacrime politica. Entrati al governo come partito ambientalista giovane, fresco e progressista, hanno fatto parlar bene di sé per un anno abbondante, specialmente i loro due politici di punta Annalena Baerbock e Robert Habeck. Poi però la luna di miele finisce all’improvviso: da un giorno all’altro i Verdi vengono descritti dai media come un partito di saputelli inaciditi e i sondaggi li vedono crollare a picco, trascinando nel baratro tutta la coalizione Semaforo.
Nell’indagare le cause di questo cambio d’opinione ci si imbatte in un punto di non ritorno – tanto per usare il termine preferito dai politici del clima. È il giorno in cui il (a breve ex) ministro dell’economia Robert Habeck annuncia lo stop effettivo entro pochi mesi agli impianti di riscaldamento a olio e a gas. La misura è considerata arbitraria, socialmente ingiusta e profondamente impattante sulla vita del singolo cittadino. Ad Habeck, che è un abile comunicatore, è certamente sfuggito l’errore di spiegare male e non motivare a sufficienza il drastico provvedimento. In seguito, i tabloid tedeschi lo bolleranno come dittatore climatico.
Se solo Habeck avesse pazientato, sulla sua scrivania sarebbe di certo spuntato l’articolo della rivista scientifica «Science» che riassume i risultati di uno studio sui fattori di successo di una politica climatica efficace. Lo studio è stato condotto dal Potsdam Institute for Climate Impact Research e dal Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change. I ricercatori hanno analizzato 1 500 misure di politica climatica degli ultimi 20 anni in numerosi Paesi e sono giunti alla triste conclusione che solo un numero relativamente basso di queste ha avuto davvero successo, identificando quest’ultimo in una riduzione di almeno il 5% delle emissioni. In Germania ciò si è verificato soprattutto per tre misure: la riforma dell’ecotassa del 1999, l’introduzione di una tassa sul traffico pesante nel 2005 e il miglioramento della qualità del trasporto urbano dal 2000.
«Una volontà a sostenere misure di politica climatica c’è.»
A produrre i risultati migliori sono quindi stati strumenti basati sul prezzo come una forma di misure di regolamentazione e incentivi. Stando al bilancio dei ricercatori, la mera regolamentazione o i semplici sussidi, invece, non hanno prodotto effetti convincenti e duraturi.
Dietro al termine regolamentazione si cela semplicemente il divieto. Chi vuole portare avanti in tutta fretta una politica climatica per decreto finisce chiaramente per suscitare la contrarietà di chi la subisce. Uno Stato che interviene in questo modo nella vita quotidiana del singolo o che, senza interpellarlo, gli impone costi, deve aspettarsi un contraccolpo, il cosiddetto backlash, che si traduce poi in un’opposizione attiva alle misure di protezione del clima.
Il rischio in questo caso è di buttare il bambino con l’acqua sporca. Questo modo di reagire spiega un apparente paradosso. Gli intervistati dei sondaggi ripetono che il riscaldamento globale è un problema importante. Nel Barometro delle apprensioni 2023 della (defunta) Credit Suisse, questo tema figurava al secondo posto della lista. Quindi, la volontà di base di sostenere misure di politica climatica c’è. Ma quando dall’alto arrivano obblighi e divieti, molti cittadini non ci stanno e scioperano.
«Non così!», dicono. O ancora più ostinatamente: «Gliela farò pagare alla prossima occasione!». I Verdi tedeschi potrebbero scontare a caro prezzo l’approccio sconsiderato di Habeck. Hanno contribuito molto all’impopolarità del governo Scholz e alla sua prematura fine. Per le prossime elezioni del Bundestag farebbero meglio a tenere gli occhi ben aperti.
Per i ricercatori dello studio ripreso da «Science» è quindi chiaro che solo il giusto mix di misure è efficace sul lungo periodo. Nicolas Koch, uno degli autori, afferma: «Non basta puntare solo su sussidi o regolamenti. Una riduzione significativa delle emissioni è possibile solo se la si abbina a strumenti basati sul prezzo come la tassa sul CO2 e sull’energia ». Questo fa della politica climatica una sfida complessa per i responsabili dei governi che devono procedere con grande prudenza e, nel migliore dei casi, confezionare pacchetti di proposte ben congegnati, costituiti da un mix di strumenti di controllo, regolamenti, sussidi e incentivi. Ma quello che devono fare più di tutto è spiegare, e molto!
Robert Habeck in Germania ha scelto un approccio diverso: ha piazzato una misura singola che altro non era che un divieto, rendendo così un pessimo servizio alla politica climatica.
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