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La sostenibilità nella moda è un concetto che lega tutti i processi produttivi come un filo rosso.

Photo: Julian Hochgesang/ Unsplash

Produzione e consumo

La sostenibilità nella moda: come funziona?

La sostenibilità nella moda è un concetto che lega tutti i processi produttivi come un filo rosso. L'attenzione si concentra su questioni che vanno dall'ottenimento delle materie prime, al trasporto, allo smaltimento, ma anche su quanto già esiste e sulla sua espansione. La sostenibilità nella moda è tanto poliedrica quanto la moda stessa.

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Il capo di abbigliamento che prendiamo dal nostro guardaroba ha già attraversato molti processi diversi e, in un modo o nell'altro, è stato anche trasportato. Una felpa in cotone, per esempio. Partendo dall'estrazione della materia prima, il cotone deve essere innanzitutto piantato, poi lavorato e quindi trasportato al sito di produzione, dove viene cucita la felpa, la quale viene poi trasportata al punto vendita e venduta al consumatore. In ognuna di queste singole fasi, l'industria della moda deve pianificare la sostenibilità e affrontare determinate questioni e problematiche. Ecco perché il termine sostenibilità nella moda implica diverse sfaccettature nel senso più ampio del termine. «Per ogni settore, è necessario innanzitutto riconoscere e capire quali sono i singoli criteri per poter agire in modo sostenibile» spiega Evelyne Roth docente di fashion design presso l'Accademia di Arte e Design della Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale di Basilea.

Economia circolare sostenibile nell'industria tessile

È importante strutturare le diverse fasi del processo in modo che mirino alla sostenibilità. Iniziando dalle materie prime, ci si chiede come progettarne un uso più duraturo possibile. «Ma è necessario considerare anche la questione di come le materie prime possano essere composte allo scopo di poterle reintrodurre nell'economia circolare in modo rigenerativo, sia tecnicamente che biologicamente,senza immettere nuovamente inquinanti nel suolo.» Affinché i tessili e i materiali necessari per realizzare un indumento funzionino in termini di economia circolare, esistono diversi approcci che, in linea di principio, sono simili alla raccolta differenziata dei rifiuti di vetro, alluminio o pet. «Stiamo parlando di un mix di materiali che possono essere disassemblati o di progetti realizzati interamente con una monomaterialità», spiega la docente universitaria. Quando si riciclano capi d'abbigliamento, come una camicia di lino composta da diversi materiali, bisogna assicurarsi che il tessuto della camicia consista solo di lino. Inoltre, i fili di nylon che tengono insieme i tessuti devono essere rimossi. Idealmentei , anche i bottoni dovrebbero essere realizzati in materiale degradabile e separati dal tessuto. È importante che anche i materiali “invisibili”, come le finiture o i processi di tintura, siano rigenerativi. «Quindi i vestiti devono essere progettati per contenere solo monoelementi, oppure gli elementi del mix devono essere progettati in modo tale da poter essere separati, spiega Roth. Esistono già molte soluzioni per la separazione dei singoli materiali durante il riciclaggio.

Intensità della sostenibilità in termini di tempi e costi

Ma le aziende hanno bisogno di tempo per realizzare questi processi. Tempo che la società non è sempre disposta ad aspettare. Infatti, con l'industria del fast fashion, siamo abituati a comprare vestiti senza limiti. Tutti i colori e i modelli sono disponibili in modo semplice e veloce a un prezzo per lo più basso. Tuttavia, questo approccio è molto lontano dai criteri della moda sostenibile. «Per la produzione di un capo di abbigliamento, spesso diverse parti vengono trasportate più volte in tutto il mondo», osserva Roth. Questo perché i siti in cui si ottengono le materie prime e quelli di produzione sono spesso distanti tra loro. Si effettuerebbe un grande passo nella direzione della sostenibilità «se i luoghi di produzione fossero anche quelli in cui si ottengono le materie prime e, infine, in cui si svolge la vendita, per poter così ridurre al minimo i costi di trasporto dannosi per l'ambiente», spiega Roth.

Al fine di ridurre al minimo i costi di trasporto, ma anche per limitare la sovrapproduzione dell'industria della moda, esistono già alcune soluzioni. Ad esempio, la produzione on-demand. «In questo caso, i prodotti vengono realizzati su richiesta, secondo il noto principio del Made-to-Measure». Se si considerano queste soluzioni in tutti i loro aspetti, le tempistiche e i costi sono più elevati rispetto alle offerte dell'industria del fast fashion. Anche Evelyne Roth ne è consapevole: «Per noi come singoli individui, la sostenibilità è costosa, ma la non sostenibilità ha un prezzo molto più elevato per il mondo intero che alla fine pagheremo comunque noi stessi». In effetti, secondo il movimento Fashion Revolution, gli abiti sono responsabili di circa il 3% delle emissioni globali di CO2.

Costruire su ciò che già esiste

Oltre che all'intera produzione di abbigliamento, la sostenibilità si applica anche ai prodotti esistenti, ossia ai vestiti che abbiamo già acquistato: «Si tratta di farli durare il più a lungo possibile», in quanto «spesso tendiamo a comprare vestiti nuovi invece di ripararli o modificarli», afferma Roth. Le riparazioni sono solitamente più costose dell'acquisto di un nuovo capo. Tuttavia, non c'è solo la possibilità di riparare gli abiti, ma anche di arricchirli con elementi di design. «Il piacere e il fascino della moda e dei diversi stili - che siano forti, appariscenti o sobri - è un'esigenza umana». E si tratta di un piacere che non dobbiamo perdere, osserva Evelyne Roth. Ma sarebbe necessario un ripensamento da parte della società e dell'industria della moda per mantenere in vita il più a lungo possibile i vestiti che già si posseggono e per vivere le tendenze della moda senza danneggiare l'ambiente. A volte, l'industria del fast fashion produce nuove collezioni ogni settimana, e se passano di moda, gli abiti non indossati vengono smaltiti. «Si tratta di costi ambientali che comprendono il trasporto al sito di smaltimento e lo smaltimento stesso», afferma Roth.

«Ripensare è la sfida più grande»

Tuttavia, la sostenibilità nella moda non significa solo sostenibilità nella produzione, nel trasporto o nel consumo, ma anche nella sfera sociale. In termini concreti, questo significa: salari equi, condizioni di lavoro dignitose e tutela sanitaria per tutti i lavoratori coinvolti nell'intera catena di approvvigionamento. Tuttavia, sostenibilità sociale significa anche offrire una moda inclusiva: vestiti che si adattano a ogni corporatura e forma e che non escludono nessuno.
«Tutti questi aspetti, dall'ottenimento delle materie prime al trasporto, allo smaltimento, richiedono un ripensamento, un cambiamento del sistema e, in definitiva, una trasformazione». Secondo l'esperta, questo ripensamento è la sfida più grande che il settore della moda deve affrontare. Anche se riusciamo a realizzare questo cambiamento passo dopo passo, siamo ancora molto distanti da dove vogliamo arrivare.

La «Gen Z» mostra la strada

Una forza trainante della moda sostenibile è la Gen Z. Secondo quanto la docente di moda ha notato negli aspiranti stilisti, per la giovane generazione lavorare in aziende «non sostenibili dal punto di vista produttivo e sociale» non è più un'opzione. Questo messaggio è già arrivato alle aziende: «Se un’azienda non produce e agisce in modo sostenibile, non ha futuro». La sensibilità e la consapevolezza della sostenibilità nella moda derivano principalmente dal fatto che i consumatori percepiscono l’importanza di questa tematica. Questa realtà, a sua volta, innesca un modo diverso di agire e di produrre i prodotti di moda. Pertanto, «mettere in discussione in modo critico il sistema dell'industria della moda, è l'unico modo per renderla più sostenibile», osserva Roth.

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