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Foto: Matthias Speicher / Unsplash

Clima ed energia

Cronaca della morte di un ghiacciaio

Il cambiamento climatico sta incidendo, e non poco, sullo stato di salute delle Alpi – La situazione al Gries, come testimonia il glaciologo Matthias Huss, è inquietante.

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Dov'è finito il ghiacciaio del Gries? Bella domanda. Matthias Huss, glaciologo e ricercatore del Politecnico di Zurigo e dell'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio, conosce molto bene quella lingua di ghiaccio. Ogni settembre, periodo in cui tradizionalmente i ghiacciai sono al minimo, assieme ai colleghi misura il grado di riduzione della massa di questo e di altri ghiacciai svizzeri. Quello del Gries, come ha spiegato in un reportage pubblicato da Watson, è particolare. E il motivo è presto detto: «Negli ultimi anni ha perso sempre di più in termini di spessore medio». Colpa del cambiamento climatico, manco a dirlo.

Lo scenario, invero, è abbastanza desolante. Ancora Huss: «Quasi tutto il ghiacciaio è di colore grigiastro. Solo in cima c'è una piccola area di neve bianca». E ancora: «Affinché il ghiacciaio sia in equilibrio, in questo periodo dell'anno dovrebbe essere coperto dalla neve caduta in inverno fino alla scarpata. Ma negli ultimi due anni, a luglio, la neve era già scomparsa fino alla cima. Così il calore ha potuto attaccare il ghiaccio per tutta l'estate».

Secondo Huss, gli ultimi due anni sono stati molto negativi per i ghiacciai. «Poca neve in inverno ed estati troppo calde. Quest'anno, però, ha nevicato due o tre volte in estate, rallentando un po' lo scioglimento».

Il 2022, in questo senso, è stato un anno record: i ghiacciai svizzeri hanno perso il 6% del loro volume. «Da un punto di vista statistico, è stato un anno straordinariamente anomalo. Con ogni probabilità, il 2023 avrebbe dovuto essere un anno più normale. In realtà, è accaduto il contrario».

Huss ipotizza che il 2023 sarà probabilmente il secondo o il terzo anno peggiore di sempre per i ghiacciai. Ma lo saprà con certezza solo alla fine di settembre, quando le misurazioni saranno completate. Ai giornalisti di Watson, durante l'escursione, Huss mostra fino a dove si estendeva il Gries nel 2008. Nel frattempo, si è ritirato di 500 metri. Il cambiamento climatico, in quota, non è un concetto astratto né tantomeno un discorso politico su cui dibattere. È qualcosa di reale, concreto, tangibile. Se è vero che i periodi glaciali e interglaciali, in parte, spiegano simili ritiri, è altrettanto vero che all'equazione bisogna aggiungere il cambiamento climatico causato dall'uomo. «Migliaia di studi lo confermano» afferma al riguardo Huss. «Ecco perché oggi i ghiacciai si muovono molto più velocemente che in passato».

I dati, a proposito degli studi, parlano chiaro. Sul Gries, Huss tiene un'apposita asticella vicino alla prima stazione di misurazione. Nel settembre del 2022, all'estremità, c'era ancora ghiaccio. L'altezza dell'asticella? 6 metri e 50. Il ritiro e lo scioglimento del ghiacciaio, insomma, sono violenti, se non violentissimi. L'arretramento medio, l'anno scorso, è stato di circa quattro metri. Il doppio rispetto al precedente record. Anche più in alto, nelle altre stazioni di misurazione, la situazione è drammatica. Al punto che Huss afferma: «È incredibile, una follia, non l'avrei mai creduto possibile».

E altrove, chiosa Huss, la situazione è perfino peggiore: sul ghiacciaio di Sankt Annafirn, vicino ad Andermatt, c'è talmente così poco ghiaccio che «non vale più la pena misurarlo». Al Gries, par di capire, il ghiacciaio resisterà, pur con qualche difficoltà, per un po' ancora. Ma non vivrà molto a lungo. «Molto presto la lingua si separerà dalla parte superiore del ghiacciaio. Diventerà ghiaccio morto, non sarà più alimentata». La parte più alta, invece, dovrebbe resistere fino al 2060 o 2070. «L'opportunità di prevenire alcune delle conseguenze del cambiamento climatico è nelle nostre mani. Per il ghiacciaio di Gries è certamente troppo tardi. Tutto ciò che possiamo fare, qui, è documentarne il declino. Ma possiamo ancora salvare i ghiacciai più grandi».

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